Il Comune di Tuglie ha intitolato alcune nuove strade
ALMERICO di Mondragone
(Signore di Tuglie-Sec.XIII)
Uomo d'armi francese, scese in Italia al seguito di Carlo I d'Angiò il
quale, cacciati gli Svevi dal Regno di Napoli, vi si insediò e rideterminò
un assetto militare e politico-amministrativo in tutto il Regno.
Originario di Montdragon in Provenza, il Miles Aimeri (italianizzato in
Americ(g)o o Almeric(g)o di Mondragone) ebbe in assegnazione per meriti
militari la Signoria del Casale di Tuglie e nel contempo fu anche nominato
Provvisore dei Castelli di Puglia e Basilicata (in seguito solo di Puglia),
cioè delegato dal Re a provvedere alla fornitura di vettovaglie e
sovvenzioni economiche a tutti i castelli, e relativo personale, ricadenti
sotto la giurisdizione angioina. Accreditato anche di ottime abilità
diplomatiche, fu spesso inviato a sedare le ribellioni ed insurrezioni che
ciclicamente scoppiavano in varie parti del reame, anche fuori dall’Italia,
in Macedonia e nel Peloponneso.
Fu più volte insidiato nel suo possesso del Casale di Tuglie, tanto che il
Re in persona dovette intervenire a diffidare Jean de Tyl (Giovanni di
Tiglio), feudatario del Casale di Parabita, il quale fece vari tentativi di
usurpazione, approfittando dell'assenza di Aimeri dal suo Casale per ragioni
militari. Quando, infine, il Mondragone fu inviato a Durazzo a sedare
l’ennesima rivolta ivi scoppiata, e da cui non fece più ritorno, il Di
Tiglio si impossessò del Casale di Tuglie ed obbligò i suoi abitanti a
dimorare nel Casale di Parabita, condannando Tuglie all'abbandono e al
successivo declassamento da Casale a semplice Feudo Rustico.
(AA.VV, I Registri della Cancelleria Angioina, Napoli, annate e
volumi vari, personalmente consultati)
MARIA DE MARCO (Tuglie 1922 - Roma 2001) Ordinaria di Lingua e
Letteratura Latina nell'Università di Perugia
FRANCESCA ROMANA DE MARCO (Tuglie 1924-Roma 1993) Conservatrice presso la
Biblioteca Vaticana nella Santa Sede
Figlie dell'Ing. Edoardo e di Donna Giovannina Piccioli, primogenita del
Cav. Ambrogio, ricevettero privatamente a domicilio l'istruzione elementare
dall'ins. Benilde Luceri. Come privatiste, e da docenti vari, ricevettero
anche l'istruzione ginnasiale e liceale. Iscritte alla Facoltà di Lettere
Classiche, conseguirono la laurea nell'Università La Sapienza di Roma.
Trasferitesi nella Capitale nei primi anni '50, la dott.ssa Francesca entrò
nella prestigiosa Biblioteca Vaticana
La prof.ssa Maria insegnò per diversi anni Latino e Greco nel glorioso Liceo
Romano "Terenzio Mamiani”; già Assistente del latinista Virgilio Paladini
all'Università di Roma, divenne Ordinaria di Letteratura Latina Medievale
nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bari.
Successivamente passò all'Università di Perugia, in qualità di Ordinaria di
Lingua e Letteratura Latina. I suoi studi ebbero come centro di interesse
soprattutto le opere dei primi Padri della Chiesa.
Nel 1960 pubblicò per la Rivista Ciceroniana un saggio (consultabile online
in pdf) sulla Doppia Redazione della Quinta Catilinaria. Nel 1970, per
l'Editore Patròn di Bologna curò la pubblicazione di Lingua e Letteratura
Mediolatina, con la collaborazione di Virgilio Paladini.
Collaborò, inoltre, con articoli e brevi saggi, alla pubblicazione di
riviste letterarie nell’ambito della Letteratura Latina.
Collocate fuori ruolo dai rispettivi incarichi per raggiunti limiti di età,
terminarono i loro anni di vita a Roma: Francesca nel 1993 e Maria nel 2001.
I loro resti riposano nella tomba di Famiglia nel Cimitero di Tuglie.
FILIPPO GUARINI (1660 ca. - 1740)
Barone di Tuglie
Nel 1695, dopo secolari peripezie, il Feudo di Tuglie passò finalmente nelle
mani dei Guarini, feudatari che stabilirono la loro dimora nell'antico
Palazzo Baronale, il cui nucleo originario risaliva ai tempi del Mondragone.
In seguito fu ampliato, quel tanto di necessario, dai Castriota, feudatari
di Tuglie dalla fine del '500 fino al 1670. Ad acquistare il feudo fu Donna
Antonia Prato, vedova di Giovan Ferrante Guarini, signore di Ruggiano, la
quale intendeva così assicurare un feudo al primogenito Don Fabrizio.
Infatti alla morte di Donna Antonia, nel 1715, divenne Barone di Tuglie Don
Fabrizio, il quale governò per soli due anni, fino al 22 settembre 1717, ma
fece in tempo ad accogliere il Vescovo Sanfelice nella sua prima Visita
Pastorale. Don Fabrizio morì senza eredi e il suo feudo passò nelle mani del
fratello minore, Don Filippo. Questi fu un uomo saggio e buono, così infatti
lo ritenevano i suoi sudditi, e si era votato all'emancipazione del suo
feudo, nel quale visse costantemente, avendo anche alienato il suo feudo di
Ruggiano per dedicarsi completamente a Tuglie.
Nel 1720, quasi sessantenne, sposò la sedicenne Donna Isabella Castriota
Scanderberg e per lei fece costruire il palazzetto rococò all'interno nel
cortile dell'antico palazzo baronale. Nel 1719, il 2 aprile, ospitò nel suo
palazzo il Vescovo Sanfelice nella sua seconda Visita Pastorale a Tuglie, ed
accolse la raccomandazione del prelato a costruire una nuova e più grande
Chiesa Parrocchiale, anche in conseguenza dell'istituzione ex-novo della
Parrocchia nella stessa Santa Visita.
Il Barone si impegnò a devolvere gran parte del ricavato dell'annata olearia
(possedeva ben 2535 alberi di olive) proprio a favore dell'erigenda
Parrocchiale. Seguì di persona tutte le fasi della costruzione della Chiesa
e ne vide anche l'apertura al culto, il 25 marzo 1733. Don Filippo morì nel
1740 a Tuglie (forse fu sepolto nella tomba ipogea della stessa chiesa
parrocchiale), senza eredi diretti, accudito dalla sorella Donna Aurelia
Guarini, moglie di Diego Donato Venturi dei Duchi di Minervino e dai nipoti,
Don Giuseppe e Donna Isabella Venturi. Il feudo di Tuglie passò, così, ai
Venturi, dapprima a Donna Aurelia e in seguito ad uno dei figli di costei,
Don Ferdinando, col titolo di Marchese.
(cfr. Visite Pastorali di Mons. Sanfelice, in Archivio Vescovile di
Nardò; E.Pagliara, La Chiesa
Matrice di Tuglie, Barbieri, Manduria, 1996; L. Giustiniani,
Dizionario geografico-ragionato del
Regno di Napoli, Napoli, 1805, Tomo DC, p.270; O. Seclì, Tuglie la
storia, le storie, Ed. Il
Laboratorio, Parabita, 2007)
ISABELLA CASTRIOTA SCANDERBERG
Baronessa di Tuglie
(1704-1748)
Figlia di Alessandro, dei feudatari di Copertino, e di Irene Pieve-Sàuli,
della nobile famiglia di Gallipoli, nasce a Lecce il l settembre 1704. Poco
dopo il parto gemellare, muore la sorellina e qualche tempo dopo anche Donna
Irene, per complicanze postpartum. Rimasta orfana, e con il padre
completamente disinteressato a lei, la piccola Isabella fu presa sotto la
tutela dallo zio materno, Don Giovambattista Pieve-
Sàuli, salvandola dalla condanna alla monacazione come, invece, voleva il
padre, già passato a terze nozze e nell’intento di appropriarsi dell'eredità
materna spettante a Isabella. Fu messa come educanda presso le Clarisse di
Gallipoli e ne uscì a 16 anni, nel 1720, per sposare il sessantenne Barone
di Tuglie, Don Filippo
Guarini, un matrimonio combinato e voluto dallo zio Giovambattista, anche
per dare una nobile discendenza ai Pieve-Sàuli, di cui egli era rimasto
l'unico superstite e senza eredi diretti. Pur sconcertata di questo
matrimonio sperequato per età, combinato dallo zio, Isabella accettò di
vivere a Tuglie nel palazzetto rococò che Don Filippo aveva fatto costruire
all'interno del cortile del più antico palazzo baronale, già appartenuto ai
Castriota sin dal primo Seicento.
Donna Isabella cercò di inserirsi nella piccola e poco varia società
contadina tugliese, facendo del bene ai sudditi bisognosi e non disdegnando
di tenere a battesimo come madrina tanti neonati, come si evince dal Liber
Bauptizatorum esistente nell'Archivio Parrocchiale.
Di ottima formazione cristiana, ricevuta presso le suore clarisse, affiancò
l'anziano marito nel sostenere le spese per la costruzione della nuova
Chiesa Parrocchiale. Nonostante i suoi forzi a restare accanto all'anziano
consorte, che comunque la amava forse con sentimento paterno, Donna Isabella
decise di separarsi dal coniuge e con il consenso dello stesso andò a vivere
nel Conservatorio di Sant'Anna di Lecce, dove si ritiravano le nobildonne
con alle spalle un matrimonio fallito o per altre problematiche. Il Barone
provvide a tutte le sue necessità e non le fece mai mancare il suo
interessamento, infatti nel 1732 le diede il consenso a lasciare
definitivamente il Conservatorio, così potè inserirsi nell'Accademia degli
Spioni e coltivare pubblicamente i suoi interessi culturali e letterari.
Conobbe il poeta leccese Pietro Belli, se ne innamorò ed insieme scrissero
poesie e sonetti in stile arcadico, tanto di moda in quegli anni sia in
Italia, che soprattutto nella provincia salentina.
Il Belli tenne corrispondenza epistolare con il filosofo napoletano
Giovambattista Vico, il quale espresse apprezzamento per i suoi scritti e
per quelli di Isabella, divenuta nel frattempo sua moglie nel 1741, in
seguito alla morte di Don Filippo avvenuta nel 1740. Dal Belli ebbe due
figlie, ma la vita coniugale non fu ugualmente felice poiché il Belli
rischiò anche il carcere per debiti di gioco.
Stanca e delusa anche per il diseredamento da parte dello zio Giovambattista
Pieve-Sàuli, si spense a Lecce nel Palazzo Belli nel 1748 e i suoi resti si
trovano a Lecce, ma non si sa con certezza se nella tomba gentilizia dei
Castriota presso la Basilica di San Giovanni Battista (Rosario) o nella
Chiesa di San Giacomo, adiacente alla Torre del Parco.
( Cfr Vari, e in particolare: Rossella Barletta, Isabella
Castriota Scanderberg, Ed. Grifo, Lecce,2017)
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Tuglie...per raccontar paese...
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